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mercoledì 5 marzo 2014

Un mercoledì di rime sparse

"Le parole sono importanti"

L'uomo, attraverso il pensiero, acquista conoscenza dei fatti che avvengono intorno a lui e forma la coscienza da ciò che sperimenta nella sua interiorità e nella realtà esterna.
L'opinione invece è un concetto che l'uomo formula di fronte a determinati fatti,fenomeni, manifestazioni quando, mancando un criterio di certezza assoluta per giudicare sulla sua natura, si propone un'interpretazione personale che si ritiene esatta e a cui si da perciò il proprio assenso, AMMETTENDO TUTTAVIA LA POSSIBILITà DI INGANNARSI NEL GIUDICARLA TALE.
Sono due stralci di definizione che ho tratto direttamente dal dizionario Treccani per spiegare un pensiero che da ieri, in occasione delle innumerevoli opinioni senza fondamenta lette e sentite circa il film "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino, si è risvegliato in me con ancora più forza e prepotenza se vogliamo dirla tutta.
Se non si indaga fino in fondo nelle cose, è del tutto normale ad esempio che quello che non si conosce sia noioso, quello che non si capisce sia noioso, pesante, lento; specie se queste cose sono più complesse e ci si arrende molto prima di arrivare. In questo caso si dovrebbe avere l'accortezza di rispettare il pensiero di chi si è preso la briga di fare due passi in più per conoscere o in caso contrario, osservare il silenzio, che è sempre una conquista più alta del parlare a vanvera e per dare aria alla bocca. 
Questo è il mio pensiero, non la mia opinione perché la mia conoscenza in questo caso, che sia ridotta, infinita, fantastica od orribile forma la mia coscienza che si esime dal lanciare opinioni a vanvera.
La libertà di pensiero è un nostro diritto, ma senza che diventi smerciare opinioni senza cognizione di causa perché in tal caso si scivola nel no sense e nel nulla.
L'umiltà e l'onestà intellettuale dovrebbero farsi spazio anche tra chi non ha tutti gli strumenti per valutare qualcosa, ma che ci si doti del senso del limite o che abbia inizio la ricerca: "questo lo conosco, questo non lo conosco e m'informo o lascio che gli altri indaghino,insegnino,siano i miei maestri".
L'opinione gratuita, buttata li per fare scena, confonde. Vale molto di più la carta straccia che posso ripescare dal cestino e riutilizzare per scrivere i miei pensieri.
Io insisto sempre e spesso sul saper guardare, vedere, indagare, andare oltre, potrei quasi risultare esasperante se non ponessi un freno,trovando il mio limite.
Nonostante tutto, sempre da li si deve partire; la vista, lo sguardo, che sia con gli occhi o altri sensi. Penso si debba comprendere profondamente che vedere, sentire non sono contenitori vuoti e istantanei, ma sono ricchi e hanno una durata, rimangono sospesi e invisibili, anche quando il nostro sguardo si sposta altrove.
Se si vuole esprimere un punto di vista penso si debba guardare, altrimenti non è necessario buttare le parole perché si deve dire per forza qualcosa, perché gli altri altrimenti pensano che non si abbia un'idea.
Per fortuna siamo tutti diversi e allora la bellezza sta anche nel fare silenzio e guardare o nel fare silenzio e basta.
Costruire un tragitto visibile e invisibile, che rimanga sospeso, cambi, si fissi, in continua evoluzione.
Il nostro vedere resta, rimane, per questo è ancora più importante non lasciarlo volare via senza senso; come ci fa sentire Valerio Magrelli in questa poesia.

             Ilaria Demurtas 





Ho spesso immaginato che gli sguardi
sopravvivano all'atto del vedere 
come fossero aste,
tragitti misurati, lance
in una battaglia.
Allora penso che dentro una stanza 
appena abbandonata
simili tratti debbano restare
qualche tempo sospesi ed incrociati
nell'equilibrio del loro disegno
intatti e sovrapposti come i legni
dello shangai.


(Valerio Magrelli)


fotografia di Elliott Erwitt




Qualche nota sugli autori:


Valerio Magrelli: è nato a Roma nel 1957; è un poeta italiano e insegna letteratura francese all'università di Pisa e Cassino. La poesia che ho riportato è contenuta nella sezione Amori della raccolta Nature e venature (1987).

Elliott Erwitt: è nato a Parigi nel 1928; è un fotografo specializzato in fotografia documentaria e pubblicitaria.